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L’Alta Moda A/I 2022-‘23 in pillole

di Ingrid Vernice

“La couture è radicata nella storia della moda. Rappresenta l’apice della creatività sartoriale ma è un mondo disponibile solo per pochi. Oggi, per mezzo della democrazia di internet, siamo in grado di offrire un posto in prima fila a tutti”.

Giorgio Armani mantiene il suo stile pulito ed asciutto in passerella anche nelle dichiarazioni; ed è effettivamente così: se un tempo l’alta moda era destinata agli occhi e alle tasche di pochi eletti oggi, grazie alla rete, tutti possiamo goderne della straordinaria atmosfera assistendo alle live delle sfilate.

La haute couture nasce a Parigi a metà del 1800, ad opera di Charles Frederick Worth, il primo vero couturier della storia. È a lui che dobbiamo le sfilate come le conosciamo oggi, passerelle di modelle che indossano i capi delle collezioni in anticipo di una stagione; è a lui che dobbiamo la trasformazione della moda da vezzo creativo a vero e proprio modello economico; è lui che per primo firma i suoi abiti che verranno poi sfoggiati nelle corti di tutta Europa.

Ma veniamo a noi. Si sono da poco concluse le sfilate dell’haute couture autunno/inverno 2022-23, le prime in cui si respira davvero aria di libertà e un sano ritorno alla normalità post pandemia.

Il desiderio di bellezza, artigianalità ed eleganza è più vivido che mai e la creatività dei designer ha ritrovato il giusto slancio stilistico, una nuova libertà (soprattutto dalle pressioni del fatturato trainato dalle linee prêt-a-porter).

Nell’alta moda a farla da padrone sono le emozioni, le atmosfere, le esperienze, e poco importa delle rigide costrizioni dettate dalle visualizzazioni su Instagram.

Quello della couture è un mondo idilliaco a parte, senza la chiassosa esigenza di sconvolgere il pubblico, di strumentalizzare i tempi o le battaglie sociali anche se, come vedremo, alcune grandi maison non hanno rinunciato a contestualizzare le proprie collezioni.

È una rappresentazione volutamente elitaria a cui i comuni mortali oggi possono assistere (grazie ai social network), ma mai prenderne parte come attori principali. E va bene così.

Primo in calendario Daniel Roseberry per Schiaparelli che, fedele agli insegnamenti di Elsa, continua la sua cavalcata surrealista, come una moderna Lady Godiva, verso la riappropriazione della leggerezza, della sensualità e delle forme senza dimenticare gli accessori scultorei, vere opere d’arte.

Segue Giambattista Valli che celebra la sua prima decade di successi con un tripudio di piume, volant, catene e strass che impreziosiscono delicati e fiabeschi abiti in tulle. Sognante.

Chanel propone una collezione più quotidiana ispirata agli archivi degli anni ‘30, fatta di completi e abiti in tweed dalla vita scesa e dalle spalle strutturate, tanto cari a Mademoiselle Chanel, ma rielaborati con pregiati ricami in pizzo e resi grintosi dagli stivali da cowboy in pieno stile equestre.

Giorgio Armani con la collezione Privè omaggia le correnti artistiche del primo ventennio del novecento e in particolare l’opera di Tamara de Lempicka, pittrice dal tratto chiaro e riconoscibile come quello di Re Giorgio. Il nero e il blu notte, insieme ai toni pastello del celeste e del rosa e ad un più vibrante fuxia, rimandano alle atmosfere oniriche e incantate di un passato fatto di una femminilità ruggente che guarda con speranza e curiosità al futuro.

Alexis Mabille, invece, ha abbandonato la coerenza e lasciato spazio alle dive e ai loro capricci. In passerella un red carpet di figure femminili molto diverse tre loro, accomunate dallo spirito ribelle di chi non dove giustificarsi per le proprie scelte. Non è un caso che il manifesto della sfilata sia una citazione di Aretha Franklin che sostiene: “Pensate che io sia una diva? Allora ok, sono una diva”.

Non rinuncia ad un concreto femminismo Maria Grazia Chiuri per Christian Dior che si avvale della scenografia dell’artista ucraina Olesia Trofymenko per trarre ispirazione e riportare in passerella i tratti stilistici e il folklore tipici del martoriato territorio ucraino. Protagonista è un simbolo spirituale universale, l’albero della vita, utilizzato come auspicio di tempi migliori.

Kim Jones ha portato in passerella per Fendi capi scintillanti rifiniti con paillettes, pietre e cristalli. L’ispirazione è data dell’estrema semplicità dei tagli sartoriali, femminili, preziosi e romantici. Quelli di Fendi sono abiti impalpabili, leggeri, come la rugiada che scivola via dalle foglie e si appresta a ricoprire il corpo sintesi perfetta di sensualità e divinità.

Menzione d’onore per la riuscita collaborazione tra Jean-Paul Gaultier e lo stilista di Balmain Olivier Rousteing; il giovane prodigio della moda francese ha omaggiato, in veste di guest designer, il suo maestro Gaultier con una collezione che ha rispettato in toto i codici della maison: coppe a cono, corsetti, stile marinière, stampe trompe-l’oeil e latta.

Il tutto, senza dimenticare il grande tema ricorrente dell’inclusione tanto caro a Jean-Paul Gaultier vero paladino della libertà d’espressione.

Balenciaga e il suo direttore creativo Demna, continuano a stupire portando in passerella star come Nicole Kidman, Dua Lipa e Kim Kardashian. La collezione strizza l’occhio alla sostenibilità con l’impiego di materiali riciclati (per un quarto dei capi) e agli ultimi sviluppi in fatto di intelligenza artificiale; molti dei modelli, infatti, hanno sfilato con il volto coperto da visiere realizzate in collaborazione con Mercedes-AMG F1 Applied Science. Tessuti hi- tech, ispirazione futurista, richiami alla gloriosa storia del brand e un ottimo reparto comunicazione, hanno fatto balzare Balenciaga tra i trend topic della settimana.

Da Parigi a Roma il viaggio è breve, ed è proprio nella Capitale che Pierpaolo Piccioli ha tracciato il suo nuovo inizio con la commovente The Beginning per Valentino. Trinità dei Monti e Piazza Mignanelli hanno fatto da sfondo ad una collezione d’alta moda libera e contemporanea che omaggia il passato e lo rielabora, trasformandolo in un luminoso futuro.

Anche Dolce e Gabbana Alta Moda torna alle origini e sfila in Italia, a Siracusa, con uno stuolo di star e qualche prefica di troppo. Il duo composto da Domenico Dolce e Stefano Gabbana ha invaso per tre giorni la splendida città siciliana per presentare anche l’Alta Sartoria (maschile) e l’Alta Gioielleria.

L’arte barocca, il bianco, il pizzo e la sacralità sono i pilastri di una collezione opulenta in cui si respira la devozione del duo creativo per le proprie origini.

Tra divismo, surrealismo, intelligenza artificiale, desiderio di normalità, ritorni alle origini e battaglie sociali anche queste sfilate d’alta moda hanno lasciato il loro segno indelebile (o quasi) sui social media.

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